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Comunistes pel Sì: un appello per la Repubblica Catalana interroga le sinistre europee

Il manifesto di Comunistes pel SÍ prende decisamente posizione a favore dell’autodeterminazione di Catalunya, della celebrazione del referendum previsto per il 1 ottobre e per la proclamazione della Repubblica Catalana, riunendo attorno alla propria proposta sia organizzazioni catalane (Poble Lliure, Xarxa Roja, Assemblees de Joves per la Unitat Popular…) che organizzazioni spagnole (Comunistes de Castilla, Frente Popular Galega, Xeira…) e raccogliendo l’adesione individuale di molti militanti di base.

I firmatari sottolineano lo stato di crisi della monarchia spagnola e si inseriscono nella storica contraddizione aperta a Catalunya dal movimento indipendentista rivendicando un ruolo attivo per i comunisti. Secondo Comunistes pel SÍ l’autodeterminazione del popolo catalano apre la strada non solo alla liberazione nazionale e sociale di Catalunya ma anche a quella degli altri popoli della penisola e assesta un duro colpo al cosiddetto regime del ’78, il regime nato dalla transizione spagnola alla democrazia, un processo svoltosi all’insegna della continuità con il franchismo nel corso del quale il fascismo spagnolo non solo non ha pagato per i propri crimini ma ha conservato intatte importanti posizioni di potere politico ed economico.

Per Comunistes pel SÍ la Repubblica Catalana rappresenta un’opportunità sia per rompere i legami col vecchio regime che per avviare politiche di segno opposto al dogma liberista. In questo senso il manifesto chiama in causa implicitamente le sinistre europee e i comunisti in particolare, affermando che il miglior contributo internazionalista è il sostegno al referendum del 1 ottobre, all’autodeterminazione di Catalunya e alla nascita di una Repubblica al servizio delle classi popolari.

Il manifesto rappresenta inoltre un invito ad approfondire l’analisi dello scenario internazionale e svilupparne una visione non eclettica, così da definire da sinistra un altro modello di Europa. La riflessione su Catalunya implica cioè una riflessione sull’Unione europea, sulla natura antipopolare delle politiche della Troika e sul carattere imperialista del polo europeo che non può essere elusa, pena l’abbandono delle classi lavoratrici e degli strati popolari ai diktat di turno ordinati da Bruxelles o da Francoforte. Perciò vale la pena leggere integralmente il Manifesto, tradotto qui di seguito.

Andrea Quaranta

 

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Il manifesto di Comunistes pel SÍ

“La rivoluzione socialista può scoppiare non solo in seguito a un grande sciopero, una manifestazione di piazza, una rivolta di affamati, un’insurrezione militare o una sollevazione coloniale bensì anche in conseguenza di una semplice crisi politica, come per esempio il caso Dreyfus e l’incidente di Saverne, o di un referendum per la separazione di una nazione oppressa…”

V.I. Lenin – La rivoluzione socialista e il diritto delle nazioni all’autodeterminazione.

Il prossimo 1 ottobre è prevista la celebrazione dell’atteso e a lungo rivendicato Referendum d’Autodeterminazione a Catalunya, punto culminante di tutto un movimento nazional-popolare dalle grandi aspirazioni democratiche e di sovranità popolare, in marcia da più di dieci anni in seguito alle proteste e alle polemiche attorno allo Statuto, alle continue sentenze del Tribunale Costituzionale, alla dinamica ricentralizzatrice e repressiva dello Stato spagnolo e alla negazione sistematica del diritto all’autodeterminazione del popolo di Catalunya.

Siamo così arrivati ad un punto di non ritorno che senza dubbio definirà in un modo o nell’altro, a seconda dello sviluppo degli eventi, il futuro del nostro paese. Davanti a questa situazione storica e eccezionale a casa nostra, i comunisti e le comuniste non possono rimanere con i bracci incrociati.

 

Per i nostri diritti nazionali e sociali

Consideriamo che in questo momento la difesa attiva del diritto all’autodeterminazione del popolo catalano e dei suoi diritti nazionali passa inequivocabilmente per il sostegno e l’appoggio alla convocazione del Referendum, una rivendicazione democratica negata dallo Stato (come in altri casi), che perciò si caratterizzerà come disobbediente e unilaterale, in uno scenario finora inedito, segnato più che mai da una componente rivoluzionaria e di rottura democratica che i comunisti e le comuniste devono approfittare per aumentare il livello di coscienza e di resistenza del popolo di Catalunya. Inoltre questa situazione ha comportato il maggior grado di debolezza dai tempi della transizione del tradizionale braccio politico della destra catalana: si è passati dall’egemonia di CIU alla debolezza del PDECat.

Per garantire la celebrazione del Referendum sarà necessario impegnarsi con fermezza, esigendone la messa in moto e l’applicazione del risultato senza dilazioni, mobilitando il più ampio schieramento di forze per difendere questo diritto e affrontare la campagna repressiva e antidemocratica dello Stato, che non si fermerà, così come le tentazioni del Governo della Generalitat di tirarsi indietro all’ultimo momento.

Il nostro ruolo deve inoltre servire per garantire l’indipendenza di classe e evitare la strumentalizzazione del movimento nazionale da parte di forze e interessi estranei alla classe lavoratrice e agli strati popolari, possibile a causa della transversalità e pluralità di questo referendum. Deve servire inoltre per legare strettamente le rivendicazioni nazionali e sociali, facendole confluire in una forza inarrestabile di cambiamento reale. Parliamo tra l’altro delle lotte sindacali, per un lavoro degno, con salari e pensioni che superino la barriera dei mille euro e che s’incrementino secondo l’inflazione, per eliminare la precarietà del lavoro e le pratiche padronali autoritarie e antidemocratiche dentro l’impresa, per la riduzione dell’orario di lavoro, per la lotta contro le disuguaglianze economiche e sociali generate dall’accumulazione del capitale, per un alloggio degno, per il femminismo, per i servizi pubblici a gestione democratica e pubblica, per le rimunicipalizzazioni, per la difesa del territorio e dell’ambiente, contro la guerra imperialista e per l’accoglienza dei rifugiati.

 

Per la rottura del regime del ’78

L’attuale crisi del regime spagnolo rivela che è a Catalunya che oggi si trova l’anello più debole della monarchia e che pertanto è lì che dobbiamo colpire più forte per romperla, aprendo uno spazio di opportunità anche per gli altri popoli dello Stato, per la loro liberazione nazionale e sociale. È questo il miglior contributo internazionalista che possono dare le classi lavoratrici e che stringe inoltre legami di solidarietà tra i popoli.

Ciononostante non ci sarà vera liberazione nazionale se non usciamo anche dalle strutture imperialiste dell’Unione Europea, l’euro e la NATO, che ci condannano al debito, alla precarietà e alla guerra. La lotta contro le politiche fondomonetariste e contro le misure della Troika è una condizione indispensabile per la nostra emancipazione nazionale e sociale. La Repubblica Catalana può aprire la porta alla rottura con queste strutture sovrastatali ed è per questo che l’oligarchia catalana e quella spagnola fanno di tutto perché non si realizzino le aspirazioni di libertà del nostro popolo.

 

Per la Repubblica Catalana e il Processo Costituente, per il socialismo

Quanto più alta sarà la partecipazione, maggiore sarà il riconoscimento internazionale e la legittimità del risultato del Referendum d’Autodeterminazione. Il dibattito attorno alle basi della futura Repubblica Catalana non potrà rinviarsi ulteriormente. Dobbiamo evitare una transizione vuota di contenuti sociali, con uno schema ripreso meccanicamente dallo Stato spagnolo (come nel caso più volte denunciato delle cosiddette strutture di Stato) e limitato a un semplice ricambio delle elites.

Il nostro obbiettivo sarà un Processo Costituente popolare, transparente e inclusivo, con la partecipazione delle entità e dei collettivi sociali, dell’ampia rete dell’associazionismo catalano, in modo da creare un nuovo paese all’altezza della situazione, una Repubblica al servizio della classe lavoratrice. Un Processo Costituente capace allo stesso tempo d’incorporare idee innovatrici quali per esempio l’elezione, mediante un sorteggio che rispetti i criteri di diversità, di alcune migliaia di cittadini che partecipino alla redazione della Costituzione che determinerà il tipo di paese che vogliamo.

Riteniamo infine che il SI dev’essere sia il voto degli indipendentisti che di coloro che sostengono una federazione o confederazione di repubbliche libere. È possibile federare o confederare gli stati solo se precedentemente questi hanno raggiunto la propria libertà; l’esito con-federale può essere accettato solo se la federazione o la confederazione costituita riconosce la libera autodeterminazione come diritto fondamentale di ognuna delle repubbliche che la integrano.

 

Conclusione

Sulla base di queste considerazioni e di questi obbiettivi mettiamo in moto la piattaforma di Comunistes per el SÍ, complementaria ad altri spazi unitari come Esquerres per la independència o i Comitès de Defensa de la República, con l’intenzione di affrontare in modo unitario questa nuova sfida, appoggiando il Referendum e chiedendo il voto affermativo per farla finita con il regime del ’78, proclamare la Repubblica Catalana, organizzare le classi lavoratrici della città e della campagna, per lottare per il Socialismo a partire dalla volontà internazionalista e solidale con tutti i popoli dello Stato, del Mediterraneo e del mondo. Votiamo SÍ dal versante dell’opzione europea per un raggruppamento libero di stati che rispetti la sovranità, garantisca il benessere comune, approfondisca la democrazia, lavori per la pace e si opponga al potere finanziario e monopolista.

Il testo originale del manifesto si trova alla pagina: 

Traduzione a cura di https://catalunyasenzarticolo.wordpress.com

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