Comunisti, Unione Europea ed elezioni

Recentemente il governo inglese ha avviato il processo di privatizzazione delle poste inglesi, la Royal Mail. Uno dei pochi giornali che ha trattato la notizia con la dovuta importanza è il Sole 24 ore che ha parlato della più grande privatizzazione dall'era di Margaret Thatcher. La notizia è condita dal “piccolo” effetto collaterale di circa 1600 licenziamenti. Il Governo Letta, prima di perire sotto il fuoco amico del PD di Matteo Renzi, aveva avviato la procedura per la privatizzazione del 40% di Poste Italiane. La manovra più ambiziosa di un governo durato pochissimo, che aveva agito con una cautela; manovra che quindi doveva essere un po' sospetta per l'Europa delle banche. Non sapremo mai se la defenestrazione di Letta sia effettivamente dovuta ad una resa dei conti all'interno del PD o se ad intervenire sia stata direttamente l'Unione Europea. Letta era forse troppo cauto, ma non era certo impresentabile come Silvio Berlusconi, licenziato direttamente con una lettera nella quale Draghi e Trichet criticavano il governo italiano chiedendo più coraggio con le privatizzazioni. Dopo un lungo periodo di ripristino strutturale l'economia inglese ritorna con prepotenza a battere il tema delle privatizzazioni, dopo la stagione degli anni 80 in cui Margaret Thatcher aveva introdotto in Inghilterra le dottrine neoliberiste che la scuola di Chicago aveva già sperimentato con il Cile di Pinochet. Le privatizzazioni inglesi hanno fatto scuola nel resto dell'Europa, hanno attraversato i paesi dell'ex blocco sovietico (con il loro carico di sofferenze per i lavoratori), sono giunte in Italia negli anni 90 con il Governo Amato e il Governo D'Alema. In Italia non è servito certo a diminuire il debito pubblico, ma ha ottenuto il risultato di trasferire risorse economiche dai lavoratori e dai cittadini verso i padroni, le banche e gli speculatori. Missione riuscita. In Grecia, la crisi ha avuto il suo effetto negli ultimi 4 anni. I memorandum della troika hanno distrutto il servizio pubblico, regalandolo agli investitori stranieri. In Grecia la troika ha funzionato come la Treuhand tedesca che ha gestito la svendita del patrimonio industriale della DDR alla RFT. Ma le privatizzazioni sono solo una parte delle misure che, per comodità, chiamiamo di austerity. La seconda parte è costituita dall'attacco ai diritti dei lavoratori, che vedono ogni giorno sparire quelle garanzie che si erano conquistati negli anni 60 e 70. In questo senso il Jobs Act di Renzi rischia di essere il degno erede delle riforme Hartz che hanno smantellato gran parte del cosiddetto welfare renano. La signora Merkel, ricevendo il presidente del consiglio italiano si è detta impressionata dalle riforme annunciate. Tutto questo accade con continuità in tutta Europa dall'ottantanove in poi. Dopo il crollo del socialismo reale il processo è stato accelerato dall'Unione Europea, un mostro democratico a guida tedesca che, pezzo dopo pezzo, sta smantellando il sistema sociale europeo a colpi di trattati. Il processo di integrazione europeo è nato con queste caratteristiche: un tentativo di consolidare un blocco imperialista da contrapporre all'imperialismo USA. Per fare questo occorreva capire la fase economica che si apriva dopo il crollo del sistema sovietico e lo sviluppo della globalizzazione della finanza. Una parte della borghesia industriale europea ha, in quel frangente, stretto una alleanza con la borghesia tedesca per una ristrutturazione economica costruita per lo sviluppo dell'export. Le ristrutturazioni sociali a danno dei lavoratori e dei salariati stanno in questa scelta. L'Europa dei popoli, se mai è stata una possibilità, è una bufala che ha convinto e convince ancora solo quella parte di sinistra salottiera che non ha idea di come è fatta la società ed ha talmente pochi contatti con i lavoratori da non immaginarne neppure le esigenze. Il rischio concreto è che il malessere operaio si saldi con il malessere di quel residuo di borghesia nazionale (commercianti, piccoli imprenditori...) che paga anch'essa la ristrutturazione. Quella piccola borghesia che in Italia è rappresentata dalla destra, da Berlusconi, dalla Lega Nord, che trova voce attraverso slogan populisti e che in Francia mantiene elevato il consenso per il Fronte Nazionale. Per sconfiggere questi due blocchi reazionari non serve a nulla creare coalizioni politiche senza uno straccio di idea per l'Europa come la lista italiana per Tsipras. Non a caso nei programmi e nella propaganda politica degli intellettuali del gruppo Espresso-Repubblica non esiste nessuna parola d'ordine contro le privatizzazioni o contro le riforme sul lavoro. E' una precisa scelta politica dovuta alle ragioni sociali di quegli intellettuali o giornalisti borghesi che non soffrono minimamente gli effetti di quelle politiche che loro stessi hanno contribuito ad alimentare. Parlare di diritti dei lavoratori significherebbe rompere con quella tradizione politica che ha colto per intero il paradigma della fine del 900. Che la sinistra italiana si rappresenti in questo modo non è un dettaglio, è il problema. Contro questa tendenza occorre reagire ed organizzarsi smettendo di inseguire chimere politiche lontane anni luce dalla realtà. Per questo, in questa occasione, non spenderemo un minuto per favorire un’ operazione politica che, se salverà qualche dirigente fallito o qualche intellettuale progressista, non sarà comunque in grado di migliorare le condizioni di vita dei proletari che, come comunisti, intendiamo rappresentare.

 

Circolo Comunista Centro Storico/ Stella Rossa Genova

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