Dopo aver esportato per anni guerra e sfruttamento, il Polo imperialista europeo importa disperazione, miseria e morte

Per il rilancio della mobilitazione contro le barbariche politiche dell’Unione Europea verso i migranti

Nel suo ultimo rapporto annuale, l’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) parla di oltre sessanta milioni di persone costrette a fuggire dal proprio paese, per trovare scampo e riparo da guerre economiche

e militari. Un fenomeno che interessa tutto il mondo, ma che nell’area geopolitica euromediterranea sta progressivamente assumendo i connotati di un vero terremoto sociale, economico, politico e militare.

Questo è il prodotto più clamoroso e dirompente di una politica, promossa in primis dagli Stati Uniti e dalla NATO dai primi anni ’90 del secolo scorso, assunta poi con sempre maggior determinazione da un’Unione Europea in progressiva autonomizzazione dagli alleati/competitori nordamericani. Sulle macerie dell’ex Jugoslavia, dell’Iraq, dell’Afghanistan, della Libia, dell’Ucraina, della Siria, dello Yemen si è costruita la catastrofe di oggi, che nessun mare, tantomeno muri di contenimento potranno fermare.

Siamo di fronte ad una situazione apparentemente fuori controllo, che evidenzia i limiti di quella nefasta teoria del “caos creativo” coniata dall’allora vice Presidente Usa Dick Cheney al Congresso dei Veterans of Foreign Wars il 26 agosto 2002, applicata poi alla lettera in tutti i fronti di guerra, sia attraverso aggressioni dirette di USA / NATO / UE, sia per interposta persona: regimi fantoccio e truppe naziste in Ucraina, fondamentalisti islamici e contractors in Medio Oriente, tentativi di golpe contro i governi progressisti dell’Alba latinoamericana, ritorno alla guerra fredda contro Russia e Cina.

Le ragioni di fondo che spingono i grandi poli imperialisti occidentali a soffiare sul fuoco della tensione e del confronto armato vanno ricercate in una crisi sistemica del capitalismo che non trova soluzione, ma che anzi si approfondisce, coinvolgendo paesi sino a poco tempo fa considerati immuni dalle tempeste finanziarie del 2008: Le tensioni borsistiche di queste settimane in Cina ci dicono che entro le regole del capitalismo non ci sono vie d’uscita da questa crisi, se non attraverso una sempre più devastante distruzione di mezzi produttivi e “risorse umane” in eccedenza. 

I milioni di profughi che si ammasseranno sempre più ai confini dell’Unione Europea sono un effetto diretto di queste politiche. Sono la guerra che ritorna, come un boomerang, addosso a chi l’ha lanciato.

Di fronte a questo fenomeno di dimensioni epocali, è necessario rispondere non solo con la doverosa e urgente solidarietà verso chi muore a migliaia nei mari e alle frontiere della fortezza imperialista dell’Unione Europea, ma soprattutto con un progetto di rottura e trasformazione, che risolva alla radice il problema. 

Il problema è quest’Unione Europea, polo imperialista che per affermarsi deve strappare con la violenza territori, mercati, risorse materiali e umane agli altri poli imperialisti (USA, Giappone) e ai cosiddetti “capitalismi emergenti”: Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa (BRICS).

In questa competizione i lavoratori e le grandi maggioranze sfruttate hanno tutto da perdere, niente da guadagnare. A loro il compito di rompere l’Unione Europea e costruire una nuova alleanza dei paesi del Mediterraneo, per fondare un sistema economico e di valori totalmente alternativo alla logica della competizione capitalistica.

La solidarietà con le masse sterminate di disperati che fuggono dalle aggressioni imperialiste è un elemento essenziale di questa lunga battaglia per l’emancipazione dalla guerra, dallo sfruttamento e dai mostri che essi producono: razzismo, xenofobia, nazi-fascismo.

Per questo è urgente il rilancio forte della mobilitazione, contro le criminali politiche dell’Unione Europea, responsabile diretta di ogni morte in mare, nei camion blindati o ai confini terrestri della “fortezza europea”.

Valter Lorenzi - Rete dei Comunisti

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