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F.C.A. di Pomigliano d’Arco: ancora affondi antioperai

Pubblichiamo un articolo che sarà inserito nel numero 3 di Orme Rosse - foglio d’intervento operaio della RdC - in circolazione tra pochi giorni

La necessità della costruzione dell’organizzazione sindacale di classe e del conflitto.

Lo stabilimento FIAT di Pomigliano d’Arco è sempre stato un laboratorio/cavia dei vari progetti e disegni antioperai avanzati dal management dell’azienda e dagli strateghi della multinazionale FIAT.

Giova ricordare che l’allora Alfa Romeo/Alfa Sud stava per essere ceduta alla FORD nel 1986, dopo diversi mesi di trattativa con l’IRI e Finmeccanica; alla fine dello stesso anno fu invece venduta alla FIAT ad un prezzo irrisorio con la “giustificazione nobile” di non far inglobare un prestigioso marchio del capitalismo tricolore da una mega industria statunitense.

Da quel vero e proprio regalo fatto ad Agnelli è iniziato un lungo percorso di manomissione e di traumatiche trasformazioni che hanno adeguato, costantemente, la fabbrica di Pomigliano, ed il suo variegato e diffuso indotto, alle mutevoli esigenze dell’accumulazione e della strategia FIAT.

Inoltre – e la cronaca di questi anni lo conferma ampiamente – tutte le modificazione del ciclo dell’auto introdotte a Pomigliano hanno, successivamente, fatto scuola in tutto il comparto industriale sia dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro, sia sul versante delle relazioni sindacali ma, anche, dal punto di vista della struttura giuridica e societaria dell’azienda.

Basta scorrere la sequenza di annunci ad effetto, promulgati dall’azienda negli ultimi anni - (dal 2003 al 2007 il presunto rilancio delle produzioni senza alcun effetto concreto sulla crescita dell’occupazione; nel 2008 l’avvio del Polo Logistico di Nola naufragato subito dopo nonostante la ridondanza dei piani aziendali; poi la tanto sbandierata Fabbrica Italia (2011) fino alla Fiat Group Automobiles) – per inquadrare questa lunga ed articolata offensiva antioperaia che tanti colpi ha assestato nel corpo vivo delle lavoratrici e dei lavoratori di Pomigliano d’Arco.

Del resto i lunghi anni di Cassa Integrazione che hanno distrutto l’economia e la vita di tante famiglie fino alle tristi vicende di alcuni suicidi operai, la distruzione dell’organizzazione operaia con le liste di proscrizione dei delegati più combattivi e il confinamento in reparti ghetti creati ad hoc accompagnati da un uso sapiente e disinvolto del mondo dell’informazione contro i lavoratori di Pomigliano definiti, di volta in volta, camorristi, lavativi, assenteisti hanno colpito duramente la tenuta politica, sindacale e materiale degli operai di Pomigliano.

Come se non bastasse, nelle ultime settimane, la direzione aziendale ha imposto il trasferimento di 500 lavoratori dal polo FIAT CHRYSLER di Pomigliano d’Arco a quella di Cassino dove saranno realizzati i nuovi modelli (Alfa Romeo Giulia e Stelvio). Questi 500 trasferimenti – che è meglio chiamare con il loro nome autentico: deportazioni – riguarderanno lavoratori in regime di solidarietà e dovrebbero far parte delle 1800 assunzioni promesse dal responsabile FIAT CHRYSLER per l’Area Emea, in occasione della visita allo stabilimento di Piedimonte San Germano (Frosinone) da parte dell’ex Presidente del Consiglio Renzi.

I trasferimenti in questione dovrebbero essere operativi da aprile 2017 il periodo in cui la nuova produzione dei modelli presentati dovrebbe entrare nella fase esecutiva.

Questa vera e propria deportazione coatta (93 km all’andata e 93 km al ritorno) è stata sottoscritta dalle organizzazioni sindacali collaborazioniste adducendo che tale sacrificio consentirà a circa 500 lavoratori di passare dall’attuale regime di Contratto di Solidarietà ad una occupazione piena anche se disagiata.

Tale paradossale ed allucinante vicenda è il segno dello stato di disorientamento e di atomizzazione che si registra tra i lavoratori di Pomigliano i quali, nonostante la generosità di alcune avanguardie sindacali (vedi la recente mobilitazione per la riassunzione dei 5 operai licenziati da Marchionne con la relativa vittoria legale) e la feroce cappa repressiva vigente in fabbrica mantengono un impegno teso alla riorganizzazione dei lavoratori.

Occorre, però, non far prevalere la sfiducia e la rassegnazione la quale colloca – oggettivamente – i lavoratori su un piano inclinato dove le esigenze padronali dettano i tempi e le forme di ulteriori nuovi peggioramenti delle condizioni di vita e di lavoro.

Infatti a Pomigliano come in tutto il gruppo FCA e nell’intero comparto automobilistico si profilano nuovi tagli occupazionali, nuovi dispositivi normativi e contrattuali dispotici ed autoritari e la cancellazione di ciò che residua dell’organizzazione sindacale conflittuale che ancora potrebbe dare fastidio a lor signori.

Ritorna, quindi, la necessità politica di coordinare e connettere tra loro, a Pomigliano prima di tutto ma anche nell’intera filiera di questa fabbrica, tutte le energie operaie disponibili ad organizzarsi per iniziare a porre un deciso stop a questa deriva antisociale che stanno trasformando tutti i siti FCA in un vero deserto della democrazia.

Come Rete dei Comunisti porteremo il nostro contributo militante a questo auspicabile, quanto possibile, percorso con l’impegno di articolare e generalizzare tale esigenza politica ed organizzativa non solo in fabbrica ma anche nei territori circostanti gli insediamenti industriali dove si possono costruire le necessarie alleanze politiche e sociali.

Intanto dal “prato verde” di MELFI.

Nello stabilimento di Melfi - oltre al già abbondante utilizzo degli ammortizzatori sociali sulla linea della vecchia Punto per oltre un migliaio di lavoratori - si affaccia per la prima volta la Cassa Integrazione anche sulle linee di produzione dei Suv. Tale produzione era considerata fiore all'occhiello del rilancio industriale di FCA.

E' infatti previsto il ricorso alla CIG nelle giornate del 25-26-27 febbraio e del 4-5-6-11-12-13 marzo. Nello stabilimento di Melfi, oltre al già abbondante utilizzo degli ammortizzatori sociali sulla linea della vecchia Punto per oltre un migliaio di lavoratori, si affaccia per la prima volta la cassa integrazione anche sulle linee di produzione dei Suv, considerato fiore all'occhiello del rilancio industriale di FCA. E' infatti previsto il ricorso alla CIG nelle giornate del 25-26-27 febbraio e del 4-5-6-11-12-13 marzo. Tutto ciò non ha indotto FCA a venire meno ai 20 turni sullo stabilimento Lucano. Una situazione inaccettabile che vede parte dei lavoratori sottoposti a un regime durissimo di carichi, turnazioni e un'altra parte, paradossalmente ma non troppo, a riposo forzato. Tutto ciò non ha indotto FCA a venire meno ai 20 turni sullo stabilimento Lucano.

Una situazione inaccettabile che vede parte dei lavoratori sottoposti a un regime durissimo di carichi, turnazioni e un'altra parte a riposo forzato. Una condizione che provoca – in virtù di questo astuto e feroce disegno aziendale – una oggettiva contrapposizione tra lavoratori, entrambi vittime del clima antioperaio imposto dalla direzione FCA.

 

Redazione Orme Rosse

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